Inizio dicendo che l’Africa vi rimarrà nel cuore, nel bene e nel male.
Non aspettatevi una vacanza ma emozioni forti, lacrime, sorrisi, canti e balli.
QUESTA E’ AFRICA.
Per la progettazione di questo viaggio ci siamo rivolti ad un’associazione che opera lì da svariati anni, ASSOCIAZIONE GOCCE guidata dai fantastici Anna e Fabio.
Siamo stati aiutati nella scelta della “missione” da seguire e dell’alloggio.
La scelta del periodo, anche se per noi “obbligata”, non è stata la migliore in quanto è l’inizio del periodo delle piogge però, se non qualche giorno in cui ha piovuto un’ora, c’è sempre stato un sole meraviglioso e un clima piacevole.
Che dire, non certo il solito primo dell’anno.
Il 1 Gennaio 2019 io e il mio fidanzato, Carlo (di cui sentirete spesso parlare e autore di alcune delle ,foto che vedrete) siamo partiti alla volta di Dar Es Salaam con molta paura e adrenalina.
All’arrivo in aeroporto ci aspettava un taxista che ci ha portato alla stazione degli autobus tanzana, ricordo che erano le 4 di notte e la stazione era gremita di gente, persone che vendevano acqua, noccioline, biscotti. Gente che urlava , autobus in ogni dove.
Ci aspettava un tour in bus di più di 10 ore ma eravamo contenti, stanchi ma pronti a ciò che questa avventura poteva offrirci.
Ad un’ora da Ifakara, nostra destinazione finale, è iniziato lo sterrato con buche incredibili.
Sono però anche finiti i controlli di polizia, vi lascio perciò immaginare.
Dopo ore e ore di mezzi di trasporto, ci siamo fermati dai frati cappuccini per poi spostarci l’indomani dalle Suore indiane da cui avremmo passato il resto del nostro percorso.
Desideravo partire per l’Africa dalle superiori e finalmente ero lì, ad aiutare i ragazzi nella costruzione di scaffali che dovevano fungere da armadio perchè tenevano i sacchi dei vestiti per terra in uno stanzone.
Ricordo i pranzi di Ugali, riso e fagioli, ricordo di essere tornata bambina giocando a ruba bandiera e cantando tutto il giorno.
Gioivamo di niente e cercavano di farci imparare la lingua (lo Swahili).
Ho sentito racconti strazianti di come i bambini sono stati affidati all’orfanotrofio, bambine trovate per strada, ragazze a cui è morta la mamma durante il parto.
Avevano una luce negli occhi, nonostante tutto, che è veramente difficile da descrivere a parole.
Anche se inizialmente si può essere un pò diffidenti, basta qualche giorno per capire che vogliono aiutarti in ogni modo, con quello che hanno e anche con ciò che non hanno.
Bisognerebbe solo imparare da bambini come Deus, sempre pronto a giocare, a rialzarsi con un sorrisone dopo una caduta.
Bisognerebbe ricordarsi di Adam, un ragazzo di 16 anni , responsabile, calmo e disponibile.
Non si può dimenticare Salomi, una ragazza di 22 anni che non andava a scuola ed era continuamente a cucinare, pulire e accudire i bambini.
Se mi chiedessero il mio ricordo più bello direi senza dubbio il momento in cui siamo finalmente arrivati all’orfanotrofio “Saint Laurent” di Kikwawila, i bambini di tutte le età ci hanno circondato, continuavano a salutare e ognuno è venuto a stringerci la mano e ringraziarci.. Non ho potuto trattenere le lacrime.
Questo è stato il momento in cui ho capito che quello sarebbe stato IL VIAGGIO e che mi avrebbe cambiato la vita.
Sicuramente non è un’esperienza per tutti, me ne rendo conto.
Lì ho conosciuto specie di insetti mai visti, ho scoperto una quantità indescrivibile di zanzare e ho preso mezzi di trasporto impensabili.
Ho attraversato, in bicicletta , risaie con fango fino alle ginocchia per andare a visitare un villaggio Masai. Ho dormito in tenda, al Parco nazionale del Mikumi, con il ruggito dei leoni come buonanotte.
Non è il solito viaggio, come spiega il titolo.
Io però sono così, una persona di pancia e di cuore così ho preferito partire raccontandovi della realizzazione di un sogno.